1) Cliente: Caritas Italiana
Organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana.
Caritas Italiana nasce nel 1971, voluta da Papa Paolo VI. È l’organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana che collega le 218 Caritas Diocesane in Italia. Promuove la testimonianza della carità. Tra i molti fronti ci sono: pace e mondialità, giustizia, vecchie e nuove povertà, volontariato, servizio civile, immigrazione, salute mentale, senza dimora. Con un costante impegno formativo. Sostiene le Caritas diocesane nell’impegno quotidiano accanto ai più deboli.
2) Maggiore notorietà dell’impegno di Caritas per i giovani. FOCUS SU CITTADINANZA ATTIVA E PARTECIPAZIONE AL VOTO
Le ultime Elezioni Europee dello scorso 8 e 9 giugno sono state le prime elezioni della storia della Repubblica in cui sono andati a votare meno del 50% degli aventi diritto. Per l’esattezza il 49,69%.
I dati di affluenza più bassi si registrano nelle Regioni del Mezzogiorno, dove la percentuale di chi ha votato si è fermata al 43,73%, e nelle isole, dove a stento si è arrivati al 37,03%. Il dato peggiore si registra in Sardegna: qui i cittadini che hanno esercitato il diritto di voto sono stati appena il 37%. Nelle circoscrizioni dell’Italia Nord Occidentale la partecipazione al voto ha raggiunto il 55,1%, sopra la media nazionale; nell’Italia Nord Orientale ha votato il 54% degli elettori e al Centro l’affluenza è stata del 52,5%. Ma quando si guarda alla mappa dell’astensionismo e a quella della povertà i punti si sovrappongono: sono sei le regioni italiane in cui ancora si misura un Pil pro capite (a parità di potere d’acquisto) inferiore alla soglia del 75% del valore medio europeo, queste sono Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Sardegna e Molise, quindi quelle dove l’astensionismo è stato più alto.
È così profondo il «malessere dei perdenti, che li porta ad allontanarsi anche dal cuore politico europeo», come scrive l’istituto. L’analisi del Censis analizza gli indicatori economici e sociali riferiti alle 242 regioni che compongono il mosaico dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea: se quindici anni fa (nel 2007) all’Unione Europea a 27 Stati era riferibile una quota del Pil del mondo pari al 17,7% del totale, oggi la percentuale si è ridotta al 14,5%.
Di tutti gli europei coinvolti, 4 su 10 sono italiani (il 39,1%). Per quanto riguarda il nostro Paese, la forbice tra il Pil pro capite delle diverse Regioni è amplissima. Si oscilla dal valore minimo del Pil procapite della Calabria (-40,9% rispetto al dato medio nazionale) al valore massimo di Bolzano (+65,4% rispetto al dato medio nazionale)». Secondo le stime di YouTrend nei comuni dove si votava solo per le europee l’affluenza è stata del 42,2%, mentre dove si votava sia per le europee, che per le amministrative e le regionali, l’affluenza ha raggiunto il 62,8%.
Per le europee hanno votato di più i cittadini residenti nelle Regioni ricche. Molto meno chi vive nelle Regioni povere o nei piccoli centri. La fotografia che l’Istat fa dell’Italia nel 2024 riconferma grandi divari territoriali. Dal punto di vista economico delle 23 province forti in Italia, 21 sono al Nord e 2 al Centro: il 25% delle province più deboli, invece, si trova al Sud, dove l’astensionismo ha registrato tassi più alti. Inoltre, dal 2012 ad oggi la popolazione italiana ha iniziato a ridursi, una tendenza che ha riguardato principalmente il Mezzogiorno (-4,7%). «Il quadro generale sull’astensionismo in Italia, a prescindere dai risultati elettorali, e a prescindere che si tratti di elezioni europee, politiche o amministrative, quindi più vicine ai cittadini, ci deve portare a fare una sola riflessione: la democrazia in Italia non sta bene, è davvero malata. E questo si accompagna al fatto che siamo davanti a politiche che in qualche modo certificano la deriva degli ultimi vent’anni in cui si certifica che il nostro è un Paese sempre più diseguale», dice Andrea Morniroli, che da più di trent’anni si occupa di politiche e azioni di welfare a livello locale e nazionale.
I dati sull’astensionismo registrati al Sud Italia non devono stupire: «Al Sud le persone restano a casa, anche i giovani. Pensano “ormai a che serve il mio impegno di cittadino attivo”. Sono le componenti più fragili per condizione sociale, o sono le persone che vivono ai margini, nelle periferie lontane dai centri», sostiene Morniroli. «Ma per paradosso la componente più fragile della società è quella che sarà più colpita dallo svuotamento della nostra Costituzione».
C’è una disaffezione generale alla politica: «le persone non si sentono riconosciute e il non essere riconosciute si somma a tutto il resto: all’avere magari un lavoro e all’essere comunque poveri, ad essere precari, a non riuscire ad uscire dalla povertà, a non avere servizi.
Un ragazzo o una ragazza poveri, che il futuro neanche riescono ad immaginarselo, perché mai dovrebbero andare a votare e fidarsi di chi da sempre ha fatto promesse e non le ha mantenute?». Morniroli però fa anche un’altra osservazione: «Non sono convito che sia solo colpa della classe politica», ammette. «C’è un’incapacità anche nel mondo del civismo attivo di saper raccontare, a chi oggi sceglie di non votare, quanto invece l’esercizio di quel diritto può fare la differenza. Penso, ad esempio, al caso dell’autonomia differenziata, che non conoscono».
3) Posizionamento: posizione attuale
La partecipazione giovanile è un tema molto affrontato dal dibattito politico; asse prioritario di impegno nelle dichiarazioni di intenti, spesso con carattere emergenziale, esso va a comporre un quadro culturale che individua un mondo adulto alla rincorsa dei giovani, in funzione di stimolo e guida di questi. Al di là di fini mediatici e di propaganda, la partecipazione giovanile va in realtà interpretata come un valore positivo, ovvero un ideale al quale si conformano le pratiche. Il rischio maggiore è che, anche nelle associazioni, il coinvolgimento delle nuove generazioni sia più che altro una tensione ideale, più verbalizzata che praticata, come purtroppo accade in molti altri settori di impegno e responsabilità sociale, politica ed economica. L'approccio privilegiato deve essere invece quello della solidarietà intergenerazionale, intendendo con ciò un atteggiamento sussidiario e reciproco, che si gioca tra pari anche se con differenti ruoli e responsabilità. La valorizzazione del ruolo positivo dei giovani può infatti passare solo attraverso un cambiamento paradigmatico del tema delle pari opportunità di accesso ai ruoli di responsabilità. A differenza che nella questione di genere, dove strati culturali creano diffidenze sulla base di caratteri innanzitutto biologici non modificabili nel tempo, rispetto ai giovani (sia uomini che donne) sorge il tema della poca maturità, dell'incompiutezza dei percorsi di vita, del “non-ancora”. Il “problema”, l'ostacolo alla partecipazione, è quindi visto come un carattere temporaneo. Le attuali classi dirigenti sono però riuscite ad estendere tale temporaneità a tutto il periodo della crescita, della formazione e dell'inserimento sociale positivo delle persone. Come dire che chi non è un uomo (o una donna) adulto ed affermato, perché non lo è ancora (e quando mai lo sarà?), ha davanti a sé un'implicita gavetta, che comporta infatti spesso delle “palestre” prima della “vita vera” (in campo giovanile si vedano in questo senso le giovanili di partito, i consigli dei ragazzi, o gli stessi forum giovanili). Tali luoghi mancano però spesso l'obiettivo, perché luoghi “sicuri” non comportano rischi e, conseguentemente, non comportano le relative responsabilità. Si entra “giovani” e si esce “adulti”, ma si devono ancora apprendere le regole fondamentali di un'autodeterminazione che dalla logica giunga alla pratica. Il rischio di un fallimento va assunto, il “salto nel vuoto” della co-responsabilità nella gestione dei progetti, pur nella tutela dei differenti ruoli che in essi vengono giocati, va tentato sempre e comunque. Ciò si lega indissolubilmente ai temi della tutela dei diritti umani, e della creazione di una cultura di pace intesa non come semplice assenza dei conflitti, ma come pace positiva fatta di coesione sociale, integrazione, solidarietà, libertà di espressione ed autorganizzazione. Intesa in tal senso, la pace positiva è la realizzazione di una difesa preventiva della Patria (fatta di impegno civile non-violento) dai pericoli della disgregazione sociale, dell'allentamento dei vincoli di solidarietà costitutivi del nostro senso comunitario, il cui venir meno lascia spazio ad intolleranza, violenza, autoritarismo, separazione e conflitto tra parti sociali. Affinché tali processi di prevenzione siano innescati dai progetti di servizio civile, occorre che innanzitutto i giovani possano esserne testimoni in prima persona: attraverso poteri e responsabilità (come interpretazione estensiva di diritti e doveri, in un'ottica partecipativa) siano in grado di avviare un processo di crescita e cambiamento, innanzitutto nei confronti di sè stessi.
Occorre sottolineare, concludendo, che i diritti che siamo in grado di tutelare con maggiore facilità sono quelli che riconosciamo perché ne abbiamo, pur nella diversità di ciascuna storia personale, una qualche forma di esperienza. Ciò significa non riconoscere come titolare di diritti solo il “debole” (a seconda dei casi perché povero, migrante, minore, donna, anziano, con tutte le schematizzazioni e le pericolose semplificazioni che ne derivano) ma l'intera società, tutti i suoi membri, secondo i criteri di uguaglianza sui quali la società stessa viene fondata. Da qui gli interrogativi principali che rimangono aperti come stimolo alla prosecuzione del percorso di crescita dei giovani.
4) Posizione desiderata: OBIETTIVO DELLA CAMPAGNA
Sensibilizzare al tema della partecipazione attiva al voto, in particolare dei giovani, come strumento di cittadinanza attiva per tutti, indipendentemente dalla loro condizione sociale, far conoscere le iniziative promosse contro questa problematica, attivare tutte le istituzioni a sostenere i giovani e renderli protagonisti attivi del loro stesso futuro.
5)Pubblico obiettivo (TARGET):
L’opinione pubblica, i media, le istituzioni, la società civile - in quanto ognuno può e deve sentirsi impegnato personalmente – e in particolare i giovani. Ma anche parrocchie e associazioni locali; scuole; cooperative.
6) “Tono della comunicazione”
Il messaggio deve essere diretto e coinvolgente, proprio perché pensato per un pubblico giovane. Adatto ad essere declinato sia sui media classici che su quelli digitali.
Note:
- si richiede l’uso del logo ufficiale di Caritas Italiana
Per approfondimenti:
http://www.caritas.it
https://www.italiacaritas.it
https://consiglionazionalegiovani.it/comunicati-stampa/elezioni-europee-presidente-cng-giovani-i-piu-interessati-a-votare-ma-delusi-dal-dibattito-elettorale/
https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2023/745820/IPOL_STU(2023)745820(SUM01)_IT.pdf
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